LA GAZZETTA DI PARMA

2 gennaio 2004

Io sono il Po

Scritto in prima persona, ops, in primo fiume, dal Po. Con un editor d’eccezione: l’Orinoco, lungo la cui corrente il libro è nato nel 1994. Una prima revisione al cospetto della Senna, un po’ di anni più tardi, e l’imprimatur ufficiale pronunciato dal Rio Grande nel 2003. E, lungo il percorso, tutti quelli che ci hanno messo il becco: il Tevere, l’Arno, il Tamigi, il Guadalquivir, il Mississipi, l’Urubamba e il Rio de la Plata.

S’intitola “Il fiume”, questo bacino di memorie in piena, che scorrono fluide e schiumose di avventure, è pubblicato da Rizzoli e reca la firma di un autore insolito: Guido Mina di Sospiro. Di antica famiglia aristocratica d’origine cremonese, è nato a Buenos Aires, si è formato tra Milano e Pavia, poi, a neanche vent’anni, via verso gli States: prima a Los Angeles, per studiare musica e cinema alla University of Southern California, quindi a Miami, dove ancora oggi vive con la moglie Stenie e i tre figli adolescenti. Ha già dato alle stampe con successo un romanzo naturale, “L’albero” (Rizzoli, 2002), ed è quasi pronto a mettere al mondo il terzo, dedicato alla vita di un vulcano: l’Etna. Insomma, un’anima venduta. Non certo al Demonio, ma al dio Pan, sì. E un aspetto iniziatico: un fuori che è ampia segnaletica del dentro. Uno che amoreggia con gli alberi, bacia voluttuosamente le onde e accarezza languido il vento, ma non è matto. Affatto. Uno che vuole tornare alla sacralità dell’animismo e non ne può più di mettere l’umanità al centro del cosmo. Uno che, per scendere lungo “Il fiume”, si è immedesimato, lasciandosi illiquidire, inondare, sommergere: “La mia ricerca è iniziata risalendo controcorrente l’Orinoco, in Venezuela, addentrandomi nella giungla: volevo fare l’esperienza di un fiume intonso dall’uomo. In un accampamento vicino alla riva ho trovato un etnobotanico statunitense, che conduceva studi con gli sciamani locali e ingeriva dosi epiche di funghi allucinogeni”, racconta lo scrittore. Qui, lui si è accontentato di sorseggiare la Ayahuasca, da queste parti l’infuso tradizionale per sperimentare il viaggio sciamanico: “Straordinario! Il fiume mi apparve vivo: ogni sua particella d’acqua vibrava…”. In seguito, si rese conto che, per continuare a scrivere, era sempre più necessario uscire da se stesso, ma in maniera endogena. “Digiunai per mesi: caffè cubano, sigari dominicani e qualche mango. Entrai in un’altra dimensione – il digiuno è un’antica pratica per accedere a stati alterati di coscienza – che mi aiutò a vedere il mondo da prospettive inedite, antropo-ec-centriche”.

La prima correzione del testo è stata distillata in solitudine lungo la Senna, a Parigi: “Ero così intrattabile e turbolento che non riuscivo a stare con nessuno”. Giusto un fiume imbizzarrito. E anche la cristallizzazione definitiva, avvenuta a Taos nel New Mexico, ha seguito vie ascetiche e non comuni: “Stavo in una casetta di fango essiccato in riva al Rio Grande, senza riscaldamento: a 2.200 metri d’altitudine, di notte faceva freddo. Non c’era nessun rumore, solo lo sciacquio delle acque”.

Il libro è la storia del Po dal paleolitico ad oggi narrata, non solo dal fiume e i suoi affluenti, ma anche da muse, ondine, ninfe d’acqua come l’ammaliante Salmacis, gnomi, silfidi, angeli di diversi ordini, divinità grecoromane e celtiche, poi da uccelli, mammiferi, insetti e pesci, e da personaggi storici quali Attila, Carlo Magno, Leonardo da Vinci, Napoleone e Hitler. Sono tanti i livelli di lettura: da quello immediato, storico-naturalistico, sino a quello più profondo, mitologico-esoterico. Non a caso, hanno partecipato alla stesura, in qualità di grillo parlante, fior di studiosi d’esoterismo, come Joscelyn Godwin, e d’idrologia padana, come Virgilio Anselmo dell’Università di Torino, o scienziati del calibro di Ralph Abraham, uno dei padri della teoria del caos. E scusate se è poco.

Da una parte, dunque, una solida base scientifica e un’accuratezza concettuale e terminologica; dall’altra, echi sottili, della metafisica erotica di Platone, degli spiriti elementali di Paracelso, o dei trattati alchemici e di magia angelica medievale. Il tutto in uno stile leggero, che scivola via con una punta di giocosità.

Il Po è un neoplotiniano gaudente, che alza le gonne alla realtà. Un innamorato perenne, che non mostra mai rabbia o rancore. Un’energia virile e gioiosa. Almeno fino a quando, non poteva certo mancare la nota ecologista, smette di vedere i colori: “La trasformazione voluta dall’uomo e l’inquinamento gli rendono tutto grigio. Gli esseri spirituali se ne vanno e rimane solo la grossolana materia”. Ecco, allora, che la divinità del fiume se ne va, lasciando il suo corso inanimato: “Se arrivasse dai mortali un segnale, il Po tornerebbe ad abitare il suo regno d’acqua. La terra la ama, al punto da aver creato la pianura padana…”. E non basterebbe ripulirlo da cima a fondo, lo si dovrebbe anche riconsacrare. E questo libro, indubbiamente speciale, lo descrive da dio.

Mariagrazia Villa