8 aprile 2004
Il fluire della storia d’Italia narrato dalle rive del Po.
Milano Avete mai pensato che un fiume possa parlare? E che abbia memoria, desideri e passioni. Lo scrittore Guido Mina di Sospiro ha pensato esattamente a questo del Po nel suo “Il Fiume” (Rizzoli, pagg. 374, euro 15).
Dopo nove anni di ricerche e contatti, diretti e epistolari con i maggiori esperti di idrologia e mitologia Mina di Sospiro ha creato una eco-favola, una storia dotta e documentata, senza essere noiosa , di quanto è avvenuto lungo il corso dell’antico Bodingua fin dalla preistoria. Dalla presa di coscienza di una prima Goccia di Pioggia, attraverso la discesa – quasi uno sposalizio – con la Terra e il conseguente ingresso nel Tempo. Tutti termini con la maiuscola perché l’autore si professa un neo-platonico e avverte la divinità in ogni cosa. Il Po insieme a una foltissima galleria di personaggi narrano così la storia d’Italia e d’Europa fino ai nostri giorni. Dei e dee della mitologia grecoromana e celtica, ninfe d’acqua, gnomi, ondine, silfidi e angeli; uccelli, mammiferi, insetti e pesci.
Perché ha scelto proprio il fiume Po?
“Volevo che fosse un fiume europeo con molte caratteristiche mitologiche, ma anche il teatro di grandi eventi storici, e che poi avesse subito un processo di antropizzazione violenta, soffocato dall’inquinamento. Rimanevano soltanto il Rodano, il Reno, il Danubio e il Tamigi, ma è così corto. Il Po invece ha una possanza enorme, con potenzialità ben maggiori dei suoi 652 Km. Potrebbe essere lungo il doppio con tutte quelle montagne che lo alimentano e infatti l’uomo contrasta di continuo la sua espansione al mare che struggerebbe l’Adriatico.”
Il fiume si rivela un grande amante, e il principio femminile è presente lungo tutta la storia.
“ In effetti la società patriarcale dell’età neolitica era pacifica e sono convinto che l’uomo perda il contatto con la sua parte femminile nel momento in cui lascia il ventre materno. L’uomo è per dominio, la guerra e il soldo, tutto ciò che ci allontana dalla nostra dimensione divina. Poi esiste anche il lato oscuro del femminile, come in tutte le cose, per cui nel libro L’Ingannatrice è ancora una donna, ma questo è solo un archetipo”.
Nell’epilogo il suo stile si lebera, fuori dagli argini della storia, e emerge un accorato appello ecologista.
“Mano a mani che la storia procede e l’uomo assoggetta con violenza la tera, anche gli elementi immortali perdono di spessore, i colori caleidoscopici tendono al grigio uniforme il dio fiume si ritira triste, come un re in esilio, in attesa di essere richiamato. Credo fermamente che la Natura vada santificata. Vanno bene anche le leggi che la proteggano, ma non è solo questione di rispetto. Oggi niente sembra più sacro, tutto è violentato”.