5 dicembre 2003
Cultura & Spettacoli
FIABE MODERNE: Guido Mina di Sospiro dà voce al mito del grande fiume
Ecologia dell’anima: il dio Po si racconta
Per imparare a immedesimarsi con un essere inanimato, l’autore, un italiano che vive negli Stati Uniti, è vissuto a lungo con gli sciamani dell’Orinoco: “I rituali leghisti alle sue foci? Non li capisco perché questo corso d’acqua ha storicamente unito le terre e le genti che lambisce e non può quindi diventare simbolo di discordia.”

MILANO – Al dito ha l’anello con lo stemma dell’antica famiglia nobiliare cremonese da cui discende, Guido Mina di Sospiro, ma niente spocchia per le sue aristocratiche origini. Semplice e colto, amante dell’arte e del jazz, scrive ascoltando Keith Jarrett. Si potrebbe dire milanese, se non fosse nato in Argentina, perché a Milano ha frequentato il liceo “Leonardo da Vinci”, racconta. Ma poi a vent’anni è andato in America a studiare e ora vivecon la moglie e i figli a Miami. In questi In questi giorni sta girando l’Italia per presentare il secondo romanzo dell’annunciata trilogia dedicata agli “inanimalia” (oggi sarà alla Esselunga di via Ripamonti dalle 10 alle 12). Dopo “L’albero”, un grande successo a livello internazionale, ecco “Il fiume” (Rizzoli) che poi `il Po a raccontare in prima persona la sua storia dal paleolitico ai giorni nostri. Miti greco-romani e celtici, nozioni di idrografia e informazioni sulla vita dei pesci degli e degli uccelli si intrecciano alle vicende umane: dall’invasione degli Unni al Rinascimento, dalle avventure di Napoleone sino a Mussolini e al degrado attuale del fiume.
Tante le informazioni nel suo romanzo. Tutto documentato o ha lavorato di fantasia?
“Ho lavorato a questo libro dal ’94. Per scriverlo sono ricorso a storici, studiosi di mitologia, idrologi. Poi gli ho dato la veste della fiaba, ma le informazioni sono corrette.”
Come mai si sente tanto attratto dai miti?
“Forse ho letto troppo Jung, ma il mito vive con noi. Bisogna riavvicinarsi alla natura: in maniera determinista, materialista, per quantificarla, o anche venerandola e quindi riconsacrandola. Perché, vedendo dentro ad essa degli esseri vivi da venerare e rispettare, riconsacriamo noi stessi. Auspico un ritorno al “mundus imaginalis” di cui facevamo parte, da cui noi occidentali ci siamo separati da Cartesio in avanti. Invece che Platonici, siamo diventati tutti aristotelici, cioè materialisti spinti.”
Come mai nei suoi libri usa la prima persona, immedesimandosi in elementi non umani?
“Volevo fare l’autobiografia di un fiume, come ho fatto quella dell’albero e come farò nel mio prossimo romanzo quella del vulcano. Volevo essere il portavoce di un essere inanimato. E poi sono diventato il fiume… a Parte gli studi sul Po, sono andato sull’Orinoco e ho vissuto con gli sciamani. Ho digiunato per sei mesi e ho fatto di tutto per uscire da me stesso, ma senza assumere droghe, perché volevo abbracciare il fiume. Ho cercato di svestirmi dell’antropocentrismo del ventesimo secolo, che è un parlare sempre del proprio io, un guardare il proprio ombelico.”
Lei scrive che il dio po, col corteo di ninfe, silfidi, gnomi e dèi maggiori e minori, è andato in esilio per il degrado, l’incuria che gli riservano gli uomini. Cosa si può fare perché ritorni tra noi?
“Un depuratore integrale a Milano, per esempio, che è la città che lo inquina di più.”
E del senatore Bossi e dei suoi rituali sul Po cosa dice?
“Nell’82 sono andato per la prima volta a vedere la sorgente del Po e non c’era nessuno. Ci sono tornato nel ’97, in agosto, e pullulava di gente. Cos’era successo? I leghisti celebravano il loro dio. Ma il Po non può essere un dio della divisione, perché è un fiume che storicamente ha sempre unito le terre e la gente che vi ha abitato. Non dovrebbe essere usato come strumento di separazione e di discordia. Al contrario.”
Come mai il libro è scritto in inglese?
“Vivo in Usa e chi mai leggerebbe i miei manoscritti? Non rifiuto certo la mia lingua materna, che anche i mie tre figli paralno correntemente.”
Francesca Amoni