Lo Specchio della Stampa

SPECCHIO DELLA STAMPA, 30 novembre 2002

UN TASSO È PER SEMPRE

Albero millenario, forse addirittura immortale. Chissà quante cose ha visto e sentito.  Uno scrittore gli ha dato parola…

di Guido Mina di Sospiro Foto di Andy McGeeney

La prima idea di scrivere le memorie di un albero mi venne a Bad Ragaz. Stavo re-imparando a camminare dopo un incidente. Il dolore era intenso, perciò ambulavo lentissimamente sotto maestosi alberi nel parco della casa di cura. Gli alberi – la loro quiete, ombra e apparente imperturbabilità – mi avevano sempre affascinato. Sin da piccolo percepivo in loro un che di numinoso.

Incominciai a leggere testi botanici e a visitare giardini. Vivendo a Los Angeles, disponevo di un notevole campionario di specie: a Beverly Hills, per esempio, alberi nativi del Canada fiancheggiano arbusti d’origine australiana. Questo caos non mi scoraggiava, ma incuriosiva. Presto capii che fra le specie c’è una gerarchia, basata su due fattori: longevità, e, in modo minore, mole.

Gli alberi – considerati afoni, inanimati e alla stregua d’automi di pompaggio – mi sembravano invece prepotentemente degni di una storia “dendrocentrica”: un albero millenario che racconta la propria vita. E fra tutti gli alberi vagliati, scelsi il tasso (Taxus baccata). “Già vegetava 250 milioni di anni fa, prima della comparsa dei dinosauri, molto prima della comparsa degli uomini,” lessi in un trattato, che aggiungeva: “un fossile vivente, virtualmente inalterato da sempre.” Che cosa voleva dirci questo monumento vivente? Perché era sopravissuto fino ai nostri giorni?

Frattanto ci eravamo trasferiti a Miami. Nel mio studio immerso nel verde tropicale iniziai la ricerca. Pochi i testi sul tasso, perciò mi misi a corrispondere con direttori d’orti botanici e di musei di storia naturale. Le risposte non erano incoraggianti. Obbiettavano all’età del tasso narrante: 2000 anni. Nessuno credeva che l’albero potesse vivere così a lungo. Ma il tasso presenta anomalie di crescita: mentre il nucleo centrale del tronco marcisce, strati di nuovo tessuto inglobano il legno morto. Quindi il tasso si rinnova dall’esterno all’interno. L?effetto collaterale è che nessuna singola parte è vecchia come l’intero albero. La datazione al carbonio è perciò impossibile, così come contare gli anelli di crescita.

La mia ricerca s’era tramutata in quest, cerca, la cerca di un Graal vegetale: un esemplare vivente con i requisiti d’età e maestosità che occorrevano alla storia. Cominciò così una serie di viaggi in Inghilterra, Galles e Scozia. Innumerevoli volte mi trovai davanti a tassi venerandi, infradiciati come me, dimenticati in un cimitero di campagna. I druidi celtici li avevano piantati come simbolo d’immortalità, usanza ereditata dal Cristianesimo, con la differenza che mentre per i druidi il tasso era l’axis mundi e il trait d’union fra questo e l’altro mondo, per i cristiani era un accessorio alla chiesa. Conobbi tanti antichi tassi, senza però trovare ciò di cui ero in cerca. Forse non sapevo io stesso che cosa stessi cercando.

Come ultima risorsa tentai la carta irlandese. Scrissi ad Aidan Brady, direttore dei Giardini Botanici di Dublino. La risposta fu poco incoraggiante. “Gli inglesi hanno abbattuto tutti i nostri alberi. Dubito che in Irlanda cresca un albero più vecchio di 1000 anni.” C’era un poscritto: “S’è interessato al tasso di Killarney?” Volai a Dublino. Aidan mi mise a disposizione i suoi collaboratori, e scrisse due lettere di presentazione: per il curatore del Parco Nazionale di Killarney e per Alan Mitchell, il massimo esperto d’alberi al mondo.

Scesi dal treno fra la pioggia, di sera. A Killarney piove sempre, e quando non piove, diluvia. Mi sembrava che ai pochi passanti spuntasse muschio dal naso e crescessero licheni sulle guance. Mi svegliai il giorno dopo sotto un cielo terso. Era marzo, ma faceva caldo. In paese c?era una palpabile euforia. “Ha piovuto ininterrottamente per cinque mesi” mi dissero; “finalmente un giorno di sole!” M?addentrai nel parco, bellissimo, situato fra laghi e montagne. Sapevo che il tasso mi aspettava dentro il chiostro d?un?abbazia francescana diroccata. Era la mia ultima chance. Confesso che tirai dritto, ed evitai l?abbazia. Vi tornai poco dopo, accompagnato da Cormac Foley, curatore del Parco.

E seppi subito che, sì, avevo trovato ciò che da anni cercavo. L’albero in sé era maestoso, ma tutto il contesto parlava eloquentemente. A poche centinaia di metri, il “tasseto” più grande d’Europa; più in là, a Dunloe Castle, due tassi, maschio e femmina, abbracciati da secoli; oltre le colline, Serpent Lake, in cui San Patrizio aveva annegato l’ultimo serpente. Inoltre Cormac mi rammentò la strana sorte della IX Legione Hispana, di stanza in Britannia, misteriosamente svanita dalla storia. Che avesse tentato d’invadere l’Hibernia, l’odierna Irlanda? La mia storia, intuivo, s’era scritta da sé. Cormac mi presentò Danny Cronin, un arzillo nonagenario che a forza di pinte di Guinness mi raccontò decine di leggende. Alcune di esse avrebbero trovato spazio nel mio libro. L’Irlanda m’aveva stregato.

In Inghilterra, Alan Mitchell m’accolse gelidamente. Era “un materialista del tutto appagato” quindi scettico circa la mia idea di dare voce a un albero. Eppure, quando poi gli scrissi, rispose con una lettera di otto pagine dove sciorinava la sapienza acquistata in una vita. Quest’uomo, che non è più con noi, aveva catalogato 100 mila alberi monumentali, dando vita al Tree Register of the British Isles (Registro degli alberi delle Isole britanniche). Autore d’una guida che fa ancora testo, era inaspettatamente diventato mio alleato. Alan mi guidò in tutti gli aspetti botanici della storia. E mi presentò Allen Meredith, invasato visionario Gallese.

Come me, per anni aveva compiuto ricerche sui tassi. Dopo avermi posto sotto esame per capire se il mio amore per il tasso fosse genuino, Allen mi rivelò un segreto. Andammo assieme a Tandridge, nel Surrey. Qui aveva scoperto un tasso vecchissimo, a otto metri di distanza dalla chiesa locale, dalle fondamenta sassoni. Nella cripta si osservava che la volta di pietra era stata costruita dai Sassoni attorno alle radici dell’albero. Alan Mitchell tornò con noi “sul luogo del delitto” e dopo molte ispezioni s’arrese all’evidenza. “Sì, questo albero va rivalutato” disse. E diffuse la notizia alla comunità scientifica mondiale: il tasso di Tandridge aveva dai 2000 ai 2.500 anni.

Inter alia scoprii che il regno vegetale è tutt’altro che bucolico. Gli alberi non solo fanno la guerra ai vicini strangolandone le radici, o ombreggiandoli in modo da impedire che fotosintetizzino, ma anche ricorrendo alla allelopatia. E cioè, l’inibizione/soppressione della crescita a opera di tossine. Una guerra chimica. Ciò m’ispirò il settimo capitolo, che narra d’una guerra secolare fra querce usurpatrici e specie sempreverdi. Per scriverlo competentemente andai nel New Hampshire dal leggendario Alex Shigo. “Chirurgo d’alberi”, ne ha sezionati 16 mila, studiandoli poi al microscopio. A lui si deve la “nuova biologia dell’albero”, il cui concetto di base è la “compartimentalizzazione”: gli alberi vivono finché riescono a “compartimentalizzare” le infezioni. Discutemmo per giorni e corrispondemmo per mesi. Anche se prive di cervello, le piante mi sembravano sempre più esseri intelligenti.

Completato il manoscritto, desideravo discuterne con altri personaggi. Sir Ghillean Prance, per esempio, allora direttore di Kew Gardens. Ghillean è una leggenda vivente: quaranta specie da lui scoperte nelle Amazzoni portano il suo nome (Prancii). Gli avevo mandato il manoscritto e non sapevo che cosa aspettarmi. “Ne parleremo quando verrà a trovarmi,” m’aveva fatto dire dalla segretaria. M’accolse nel suo studio a Kew Gardens, mi fece accomodare, mi soppesò con lo sguardo, e disse: “I loved it!” Nasceva una grande amicizia.

Altro personaggio che lesse le bozze fu Rupert Sheldrake, biologo “scomunicato” dal sacerdozio scientifico. Aveva osato scrivere Una nuova scienza della vita, libro che la prestigiosa rivista scientifica Nature aveva definito “da bruciare”. M’aprì la porta di casa sua a Hampstead sorridendo. Sua moglie Jill, per anni la compagna del compositore Stockhausen, stava vocalizzando: canti mongoli in cui emetteva più d’una nota alla volta. Chiesi a Rupert il permesso di incorporare aspetti delle sue teorie, come la comunicazione fra alberi per via di prossimità botanica grazie alla risonanza morfica. Permesso concesso, amicizia sbocciata.

Intanto una ricerca condotta da diversi laboratori su 114 mila piante individuava una sola sostanza promettente come agente anticancerogeno, ricavata dalla corteccia del tasso del Pacifico. Il Taxol è oggi in parte sintetizzato, in parte estratto dalle foglie del tasso comune senza comprometterne la sopravvivenza. Ed è una delle sostanze anti-cancro più efficaci. Mentre la tassina, diffusa in tutte le parti dell’albero meno nelle bacche (arilli), è un alcaloide che provoca convulsioni, paralisi e arresto cardiaco. Pianta dei paradossi: albero della morte e della longevità; boia e curatore; kalashnikov del Medioevo (solo scaglaite da archi di tasso le frecce perforavano le corazze) e simbolo d’immortalità.

Finalmente riconosciuto come essere tecnicamente immortale, nel Regno Unito il tasso sta riconquistando il posto che gli spetta. Ne hanno persino stampato l’effige su di un francobollo. Il mio libro era pubblicato nei paesi di lingua inglese con successo, tanto da essere tradotto e pubblicato in Italia con il titolo di L’albero (Rizzoli). Mi sorprendeva che l’Enciclopedia Britannica ne riportasse una favorevolissima recensione. S’era chiuso il cerchio: il depositario della cultura ufficiale s’inchinava davanti all’evidenza delle nostre scoperte. Vari scienziati concordano oggi nell’indicare nel tasso di Fortingall, in Scozia (lo vedete nella foto qui sopra), l’organismo vivente più antico al mondo: ottomila anni–e ancora in ottima salute!