3 aprile 2003
Un albero per amico
Un esemplare femminile di Tasso, regina della foresta, ci racconta la sua vita.
Leggendo “L’albero” di Guido Mina di Sospiro (Ed. Rizzoli, traduzione dall’inglese) ne scopriamo la natura loquace ed estroversa che vuol stabilire ocn lúomo un rapporto di amicizia attraverso il racconto millenario della propria esistenza, cominciando dalla crescita iniziale, la più cruciale della vita di ogni albero, descrivendo lo sforzo delle sue radici nel penetrare la rocca calcarea.
Tutta la natura che abbiamo sempre considerata scenario alle nostre vicende e alle nostre vicissitudini si umanizza e ci coinvolge come presenza testimoniale delle nostre felicità e dei nostri travagli.
Attraverso la sua autobiografia botanica osserviamo il cammino dell’uomo con le sue ricorrenti guerre, le sue cupidigie, i suoi eventi sacri e profani ma anche la sua generosità, tutto intercettato in una tessitura conflittuale di pace e tensioni.
Scopriamo che il mondo vegetale non è il paradiso terrestre che solitamente ci figuriamo: le piante ci raccontano la loro vita di lotta per lo spazio, la luce, l’acqua, la siccità, l’amore, continuamente allertata nel bene e nel male a somiglianza della vita dell’uomo. È proprio questa identità a far scattare la confidenza che innerva il racconto rivelandoci sentimenti nascosti come il caparbio interesse alla loro verticalità e il timore di rimanere nani: “…ero così piccola, così esile. Che pena!” Scoprendo poi che le varietà nane delle piante, solitamente grandi, vengono apprezzate dagli amatori come accattivante curiosità.
Molti libri ci hanno illustrato gli alberi limitandosi però alla loro vita esteriore, illuminandone la loro presenza nel paesaggio, seguendo le stagioni nel loro caleidoscopico avvicendarsi, mai ripetitivo perché sempre straordinario.
L’originalità di Guido Mina di Sospiro sta nell’averci rivelato che le piante, nonostante i loro millenni di vita, non sono mai archeologia: vivono il presente partecipandovi quali destinatarie dell’amore ma anche delle offese dell’umanità. Scoprendo i loro giudizi, le loro interpretazioni, il loro difendere l’uomo contro i cui ossessivi asfalto e cemento tutti si avventano (Chateaubriand: “le foreste che precedono i popoli e i deserti che li seguono…”) riconoscendogli l’attenzione di trasformare l’albero in un monumento da rispettare, soccorrere e difendere magari dall’oltraggio di una citazione d’amore sulla sua corteccia: come la quercia del Tasso, il melograno del Carducci, i pioppi del Pascoli.
Così la vita di un tronco, non traslata nel burattino di Collodi, viene psicoanalizzata nella sua realtà introducendo nella letteratura un nuovo personaggio quale elaborazione delle figura umana: l’amico albero.
Che insegna come, per essere felici, basti “il bacio della rugiada mattutina e le brevi notti stellate”.
Nanni Guiso